Gazzetta del Sud
Mimmo Trovato
CATANIA
Imputazione coatta. Così ha deciso il gip Luigi Barone che, con la sua valutazione, obbliga la Procura di Catania, che ne aveva sollecitato l'archiviazione, a chiedere, forzatamente, il rinvio a giudizio del presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, e di suo fratello Angelo, deputato nazionale dell'Mpa, per concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio aggravato. Entro 10 giorni dalla notifica del decreto i pm dovranno attivarsi e un nuovo gip dovrà fissare un'udienza preliminare.
È l'evoluzione dell'inchiesta Iblis, il nome del Diavolo in arabo, scattata il 3 novembre del 2010 con decine di arresti tra esponenti di spicco della mafia di Catania, imprenditori e uomini politici. È una Cosa nostra moderna quella svelata dalle indagini di carabinieri del Ros, che si insinua negli appalti e si fa imprenditrice. E per questo avrebbe cercato di avvicinare, i vertici dell'Mpa: Raffaele e Angelo Lombardo.
Indagati per concorso esterno la loro posizione crea una diversificazione di vedute nella Procura tra chi chiede il rinvio a giudizio dei fratelli Lombardo e chi, invece, lo stralcio del fascicolo. È questa linea che passa, forte della sentenza della Cassazione su Calogero Mannino. Il capo d'imputazione è derubricato in reato elettorale e comincia un processo davanti al Tribunale monocratico. Allo stesso tempo la Procura chiede l'archiviazione del fascicolo per concorso esterno, ma il gip Barone fissa un'udienza camerale e dispone l'imputazione coatta, spiegando in 60 pagine di motivazioni che ci sono elementi di valutazione da affidare a un gip per la richiesta di rinvio a giudizio.
Il procuratore capo Giovanni Salvi è lapidario: «continueremo a fare il nostro lavoro con la stessa serenità di sempre, seguendo le indicazioni che sono arrivate dal giudice». «C'erano valutazione diverse - aggiunge il procuratore Salvi – e la nostra posizione è stata sempre chiara e si basava su valutazioni giuridiche». Secondo la Procura di Catania, infatti, dall'inchiesta Iblis sarebbero emersi «elementi di prova su rapporti tra gli onorevoli Raffale e Angelo Lombardo ed esponenti di Cosa nostra, finalizzati ad ottenere il sostegno dell'organizzazione criminale in occasione di competizioni elettorali».
Ma, a parere della Procura, «non c'erano invece elementi di prova sufficienti a ritenere che l'accordo si sia sostanziato in promesse concrete dei politici o in fatti che abbiano avuto efficacia causale sulla vita dell'associazione criminale, e cioè che l'abbiano rafforzata in maniera rilevante, come richiesto dai principi affermati dalla Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite». Ovvero la famosa sentenza Mannino, rafforzata poi da quella su Marcello Dell'Utri.
Per questo, ribadisce il procuratore Salvi, «la decisione del giudice su una complessa questione di diritto, che non intacca gli elementi di fatto, ma soltanto la loro valutazione in termini giuridici, è accolta con serenità».
«E adesso – chiosa il magistrato – continueremo il nostro lavoro, seguendo le indicazioni che ci sono giunte dal giudice».
L'imputazione coatta, ricorda l'avvocato Guido Ziccone, che assiste il governatore, «non è una pronuncia definitiva, ma una decisione che dovrà passare al vaglio di un gip».
La decisione accende il dibattito politico in Sicilia con Lombardo che annuncia di restare al suo posto, visto che, sostiene, «non ho mai chiesto favori e voti ai mafiosi». Ricorda che «la magistratura di Catania, sotto la guida di due procuratori capo, aveva chiesto l'archiviazione».
«Oggi il gip, e ne prendo atto – osserva – ha emesso un'ordinanza perchè ha ritenuto necessaria una verifica in udienza preliminare degli atti citati dalla Procura nella richiesta di archiviazione. Il mio rispetto per la magistratura è lo stesso di ieri – ha proseguito il governatore siciliano – anzi è cresciuto, così come la mia serenità». E ha concluso: «Comunque, con franchezza non m'aspettavo questa decisione del gip, così come non se l'aspettava nessuno. Forse qualcuno». Chi? «Qualcuno», ha affermato.
Le dimissioni? In caso di decisione a lui negativa del gip «non sottoporrò la Regione al fango di un processo – annuncia – se ci dovesse essere un rinvio a giudizio mi dimetto».
«Io dico che oggi – ha aggiunto Lombardo – è stata disposta un'imputazione che sarà valutata dal giudice per l'udienza preliminare. Non è un rinvio a giudizio e chi gioca su questo equivoco è in malafede. Se c'è rinvio a giudizio mi dimetto – ha ribadito Lombardo – senza aspettare nè il primo grado nè l'appello nè la Cassazione. Chiedo solo che l'udienza venga fissata il prima possibile e che in quella udienza venga disposta o l'archiviazione o il processo».
Rito abbreviato? «Deciderò con i miei avvocati se chiedere il rito abbreviato in sede di udienza preliminare davanti al Gup».
a cura di Peppe Paino
Data notizia: 3/30/2012
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