Riceviamo da Giovanni Giardina e pubblichiamo:
Caro direttore,
vogliamo riscattare con un pò d’orgoglio il dialetto siciliano e l’immenso patrimonio che ci hanno lasciato quelli prima di noi ? E’ con immenso piacere che darò seguito, inviando alcune bellissime poesie e testi di canzoni di altri autori, naturalmente intervallate dalle mie stronzate, che però , con modestia, voglio dire che stanno suscitando notevole interesse sia ai vicini cha ai lontani.
Tanto è vero che molti si stanno facendo le copie, altri le chiedono a me. Naturalmente il merito più grande va a chi ha la pazienza di pubblicarle.
Io, naturalmente, finché troverò accoglienza ,da parte mia continuerò a rendere il mio diversivo, finche’ non mi stanchero’.
Baciamo le mani a voscenza!!! Grazie Giovanni
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Un paese che non ha storia non ha futuro, e noi di storia ne abbiamo da vendere.
Il dialetto siciliano è meraviglioso, stupendo, ed è particolarmente curioso , perché a distanza di pochi chilometri cambia il significato di ogni parola, ma resta sempre travolgente. Allora con un pizzico d’orgoglio oggi continuiamo a parlarlo senza titubanze e senza provare vergogna. Non ci dimentichiamo inoltre, che per unire l’Italia si è versato anche sangue siciliano.
Colgo l’occasione per allegare il testo di una delle più belle canzoni siciliane, facente parte del nostro immenso patrimonio culturale e per testimoniare quanto detto sopra.
Per quelli che non lo sapessero, questa meravigliosa e stupenda canzone, negli anni, se la sono contesa molti autori, ma in realtà si racconta che nel 1916, sul fronte Carnia, si fronteggiavano gli austriaci e due reggimenti, formati da Siciliani.
Si sparavano e si ammazzavano. Una sera, sotto il chiaro di luna, uno dei nostri (un soldato siciliano) approfittando della pausa e della quiete notturna, accompagnato dalla tristezza e dalla lontananza della propria amante, dalla trincéa tirò fuori una chitarra e intonò una canzone. Alla fine,gli austriaci nemici, uscirono dalla loro trincéa e applaudirono a lungo. All’alba ripresero gli spari e i combattimenti.
E Vui durmiti ancora !
Lu suli è già spuntàtu intra lu mari,
e vui biddizza mia durmiti ancora,
l’aceddi sunnu stanchi di cantàri,
e affriddateddi aspettanu cca fora,
supa stu barcuneddu su pusàti
e aspettanu quann’è chi v’affaciàti !
Lassàti stari, ‘un durmiti cchiù,
ca ‘n’mienzu a iddi intra sta vanedda
ci su pur’iu, c’aspiettu a viu,
pi vidiri sta faccia accussi bedda !
passu cca fora ,tttti li nuttàti,
e aspiettu sulu quannu v’affacciàti.
Li sciurin senza i vui nun ponnu stari ,
su tutti cu li testi a pinnuluni
ognunu d’iddi non voli sbocciàri
si prima nun si rapi stu barcùni
dintra a stu barcuneddu su ammucciàti,
e aspettanu quann’è chi v’affacciti
Giovanni Giardina Lipari-03-09-2012-
a cura di Peppe Paino
Data notizia: 9/3/2012
dalla nostra Daniela Bruzzone
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