Vedutisti tedeschi a Roma tra il XVIII e il XIX secolo

L’esposizione “Vedutisti tedeschi a Roma tra il XVIII e il XIX secolo”, nel Museo di Roma Palazzo Braschi fino al 28 settembre, presenta una selezione di ottanta capolavori della ricca raccolta di opere grafiche del Palazzo, che testimoniano la passione del popolo tedesco per le antichità romane, per l’atmosfera luminosa e mediterranea della città, per la sua campagna e per gli antichi borghi circostanti nel periodo tra Settecento e Ottocento. Le opere in mostra, che concludono il ciclo Luoghi comuni iniziato nel 2012 e nel 2013 con due esposizioni dedicate ai vedutisti francesi e inglesi, fanno parte di una collezione molto ampia che viene esibita a rotazione nel Museo per garantirne la delicata conservazione. Si alternano vedute del Foro Romano e del Colosseo, di Villa Borghese, di Castel Sant’Angelo e di Ponte Milvio, ma non mancano le visioni della campagna fuori città, tra Nemi, Tivoli e il lago di Albano. Gli autori sono pittori che in gran parte orbitano nella cerchia di Angelika Kauffmann, artista tedesca che ha trasformato la sua dimora di via Sistina in un vero e proprio circolo per intellettuali d’avanguardia e personaggi stranieri di passaggio in città. Artista principale di questo gruppo è Jacob Philipp Hackert, pittore di paesaggi tra i più quotati e meglio remunerati dell’epoca, che riceve committenze da Caterina di Russia e da Ferdinando IV ed è amico e maestro di disegno di Goethe. Insieme alle acqueforti di Hackert sono presentate opere di Friedrich Wilhelm Gmelin, di Johann Christian Reinhart, di Jakob Wilhelm Mechau e di Joseph Anton Koch, pittore tedesco che fa parte della cerchia dei Nazareni. “Questi artisti che oggi farebbero reportages fotografici allora utilizzavano svelti carnets, leggeri quadernetti facili da portare, se ne andavano in giro sempre pronti a cogliere d’après nature paesaggi, macchiette, figure, al contrario degli accademici che lavoravano al chiuso, al massimo copiando gessi o modelli e, tornando in studio, ripassavano a penna o acquerello gli appunti. Dotati di seggiolini pieghevoli, cappello a tesa larga per ripararsi dal sole, scatola dei colori sulle ginocchia a sostenere il foglio o la tela, ecco la tipologia del pittore che, abbandonato lo studio, va in cerca di emozioni nuove e crea un nuovo genere”. Così Simonetta Tozzi, curatrice della mostra, descrive l’attività dei tanti paesaggisti attivi in Italia tra la metà del Settecento e la metà dell’Ottocento, con l’obiettivo di soddisfare la crescente richiesta di acquerelli ed incisioni delle vedute italiane e romane. Infatti, il viaggio di istruzione e di piacere in Italia era divenuto una tappa irrinunciabile nella formazione intellettuale di ogni giovane europeo di buona famiglia e, di conseguenza, le riproduzioni dei paesaggi italiani erano richieste per arricchire i volumi destinati ai turisti o venivano vendute in esemplari sciolti. Fino al 28 settembre, Roma e dintorni descritti da artisti tedeschi a Palazzo Braschi. di Daniela Bruzzone



Data notizia: 6/5/2014

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Palazzo Braschi - Roma - -



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