La narrativa granulare di Erika Dagnino

La narrativa granulare di Erika Dagnino Ru e Fro, Racconti d’ombra e Gèr e Màl, sono tre libri di Erika Dagnino, giovane ed emergente scrittrice ligure, tutti editi dalla casa editrice CSA. Si sceglie di recensirli insieme, non certo per brevità o per mancanza di spazio-tempo, che anzi quello letterario è molto più relativistico di quello fisico e permetterebbe ben altre, opportune dilatazioni. Diciamo piuttosto che, in questi tre brevi volumetti, s’intuisce un percorso stilistico comune, sia scritto che non-verbale, di fronte al quale è necessario soffermarsi con attenzione. Non siamo in presenza di narrativa pura. Chi cercasse, tra queste righe, l’evolversi di una trama lineare, una storia d’amore, un colpevole da identificare, indubbiamente ne resterebbe deluso. Alla stesso modo di chi s’accostasse, con analoghi intenti, a “Waiting for Godot” o alla “ Danzatrice calva”. Il che non c’impedisce affatto, naturalmente, di pensarli come autentici capolavori. La scrittura della Dagnino assomiglia piuttosto alla musica, o meglio a tipi di musica cui non siamo abituati e non perché dissonanti o stonati, ma perché richiedono, per essere ascoltati, un orecchio diverso. Pensiamo ad esempio la sintesi granulare, dove ogni suono ha una sua precisa funzione, ma solo tutti insieme, ognuno nel suo specifico tempo, producono un suono collettivo più grande, che solo l’intero ci permette di riconoscere. Pensate al rumore del vento tra le foglie. Le tocca ognuna in un momento e da un angolazione diversa, ma la somma di tutti i momenti e di tutte le angolazioni, ci fa captare un suono unico, che dà e riceve senso dal nostro ascolto. Nello stesso modo, possiamo percepire questo stile di scrittura solo afferrando l’insieme. Prescindendo dalla singola frase, per altro mai banale, mai casuale, anzi ricercata per istintiva, naturale eleganza. Personaggi senza sesso né volto, quasi essenze di puro linguaggio, che trascorrono il tempo nel ponderare la propria ombra o nel veder affondare dei cannoli alla zabaione in una pozzanghera. Perché il tempo, quello vero, musicale e fisico, è dettato soltanto dalla durata dell’evento che lo determina. Recensione di Alessio Pracanica

, a cura di Alfredo Gennaro D'Agata

Data notizia: 9/7/2009

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