"No a pontili e campo boe a Portinente" (1)

"No a pontili e campo boe a Portinente" (1) Riceviamo da Bartolo Natoli e pubblichiamo: Sperando di fare cosa gradita all'intera comunita' ma soprattutto agli uomini di buona volonta' di seguito un breve cenno storico di Portinenti, di San Bartolomeo e del vascelluzzo: Bartolo, Bartolino, Bartoluzzo sono nomi oggi molto diffusi nelle isole Eolie, tutti derivanti da quel Bartolomeo apostolo che, a partire dalla fine del III sec. d.c., ha fortemente condizionato vita ed eventi del popolo eoliano sino ai giorni nostri. Rappresentazione artistica dell'arrivo di San Bartolomeo a Lipari Procediamo con ordine in quanto la presenza di San Bartolomeo a Lipari è stata condizionante per buona parte del primo millennio cristiano ed ancora ai giorni nostri mantiene tracce evidenti nell'isola. Bartolomeo fu il sesto degli apostoli scelti da Gesù per diffondere il Verbo. Il suo nome originario era Nathanael ma ben presto altri gli aggiunsero il patronimico ebraico di Bar-Tholmai con il significato di "figlio di colui che solleva la tempesta" ovvero "figlio di colui che controlla le acque". Fu forse per il fascino di questo nome che gli abitanti delle isole Eolie, costretti a vivere in continua simbiosi con gli instabili elementi marini, si riconobbero nel santo e lo elessero a loro protettore. Tuttavia non è escluso che in questa scelta abbiano avuto parte preponderante anche gli elementi storici che, come d'abitudine, sono contenuti nel leggendario arrivo del santo sull'isola. Non essendo sostanzialmente possibile discernere tra storia e leggenda, si dirà di quest'ultima lasciando al lettore la scelta di quali aspetti attribuire all'una o all'altra. Bartolomeo si unì a Gesù in occasione della visita di quest'ultimo a Cana, villaggio poco distante da Nazaret, da allora seguì le sorti del maestro e, dopo la morte di Cristo, predicò il Verbo nell'area della Palestina insieme agli altri apostoli. Fu solo a valle del raduno di Gerusalemme del 49 che gli apostoli uscirono dai ristretti confini palestinesi per diffondersi in vari territori del vasto impero romano. A Bartolomeo toccò l'Anatolia e più probabilmente la Frigia dove operò per molti anni sia come predicatore che come medico. e da cui fu costretto ad andarsene nell'ambito delle prime persecuzioni verso i cristiani. Atterrò in Armenia e da qui proseguì sino all'Albania (regione a nord dell'Armenia da non confondere con l'attuale Albania che all'epoca era conosciuta come Epiro) dove operò ancora sino a quando, forse per non essere riuscito a curare la figlia del re locale, fu sottoposto a tortura con lo scopo di fargli rinnegare la sua fede. Resistendo alla tortura fu infine scuoiato vivo e poi decapitato. Correva l'anno 70 e i seguaci che aveva convinto alla nuova fede si presero cura delle spoglie terrene e provvidero a dargli adeguata sepoltura in un sarcofago nel quale riposarono per quasi due secoli. Per motivi che non interessano questa storia nel 249 iniziò, promulgata dall'imperatore Decio, una violenta persecuzione verso i cristiani che, tra alti e bassi, continuò sino a raggiungere il culmine con Diocleziano nel 303 e terminare poco dopo con l'imperatore Costantino nel 313. Vista del Portinente con ben visibile lo scoglio del naufragio. Fu in questi anni di grande difficoltà per le comunità cristiane ovunque esse fossero, ed in particolare nella seconda metà del terzo secolo, che nella regione di Armenia (così come in Albania) vennero operate sistematiche distruzioni di tutto quanto fosse caro al cristianesimo tra cui anche il culto dei morti. Il sarcofago contenente le spoglie di Bartolomeo apostolo fu gettato a mare e da qui raccolto da cristiani in fuga che lo caricarono in un vascello (ilvascelluzzo della leggenda) lasciando le loro terre verso posti più tranquilli. Navigarono costoro verso ovest, passando lo stretto di Messina per dirigere poi a nord. Durante una tempesta invernale, il 13 febbraio del 264, l'imbarcazione dei fuggitivi naufragò contro la costa liparese in località Portinente (oggi conosciuta anche come Porto delle Genti ma il cui etimo sembra essere "portu e nenti" cioè il porto da niente quale in effetti è essendo completamente esposto ai venti di scirocco). L'indicazione di anno, mese e giorno dell'arrivo del Vascelluzzo è sicuramente frutto di fantasia o di tradizione. Tuttavia esistono validi motivi per ritenere che proprio attorno al 260 il re persiano Sà pore I, dopo aver sconfitto l'imperatore Valeriano, si diede a distruggere tutti i segni lasciati da Roma ivi compreso il culto cristiano ed i suoi simboli: da qui ad accettare l'anno 264 il passo è breve ed anche sostenuto da fatti storici seppur deboli. Per quanto riguarda il mese, febbraio sembra plausibile con le sue probabili burrasche. E allora perchè non credere anche al giorno 13 che, guarda caso coincide con la fine delle feste, tipicamente romane, del "genius loci"? In definitiva, ancorchè sostenuta essenzialmente da tradizione, la data del 13 febbraio 264 ha validi motivi per essere più che credibile. Il naufragio distrusse completamente la nave che disperse il suo carico a mare ma alcuni viaggiatori si salvarono e, individuata la locale comunità cristiana, svelarono il prezioso contenuto del sarcofago. La popolazione liparese che, per la sua posizione defilata, non aveva subito persecuzioni importanti fu ben lieta di accogliere nella sua terra il corpo di un santo quale all'epoca era definito chiunque avesse subito il martirio e, a maggior ragione, di un santo apostolo. In quegli anni bui di imminente collasso dell'impero aveva facile presa la visione apocalittica della fine del mondo e del successivo giudizio divino. (segue)

, a cura di Peppe Paino

Data notizia: 6/10/2010

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