Gli "immorali" silenzi del comunista Napolitano

Gli "immorali" silenzi del comunista Napolitano Riceviamo dall’avv. Alfio Ziino e pubblichiamo: Egregio Direttore, sono giorni, questi, in cui non si fa altro che parlare di “morale” nello svolgimento della attività politica, ciascuno interpretando a modo proprio detta morale. Per un cattolico di stretta osservanza non è certo “morale” la convivenza more uxorio degli onorevoli Gianfranco Fini o Pierferdinando Casini che pure al mondo dei cattolici appartengono. Si scandalizzano di una asserita, sfrenata, libertà sessuale coloro che di detta libertà sono stati paladini intransigenti. Si stracciano le vesti coloro che denunziano la propensione a prostituirsi in vista di possibili futuri benefici, salvo poi ad invocare per le prostitute il massimo rispetto. Urlano allo scandalo, dopo aver guardato dal buco della serratura, coloro che , del diritto alla privacy hanno fatto la propria bandiera. E così via dicendo. Non è storia antica, ma frutto della mera incapacità di fare politica. Nella assenza di idee, di programmi credibili, di proposte concrete che coinvolgano i cittadini, altro non resta che la denunzia ad personam per fatti che , con l’attività politica, nulla hanno a che vedere. Nella antica Roma era detto comune che non solo Cesare, ma anche la di lui moglie dovesse essere al di sopra di ogni sospetto, ma non ci si riferiva certo alle attività svolte nel proprio o nell’altrui talamo, luoghi entrambi tanto frequentati dalle matrone romane da indurre il Senato al varo di una apposita restrittiva legge ( immediatamente aggirata con la volontaria iscrizione delle stesse matrone negli elenchi delle pubbliche prostitute). Oggi, nel vuoto cerebrale, non resta che creare il mostro, offrendo così , al proprio pubblico ed ai propri clientes, un obiettivo, il dagli all’untore. Che Santa Madre Chiesa invochi rigore e morale non può destare alcuna meraviglia, assolvendo essa al proprio consueto compito. In questo settore la Chiesa è parte, ed ha titoli per detta parte affermare senza tema di smentita. Quel che invece riesce inaccettabile è che , in tema di morale in senso lato, di libertà, di democrazia, dia giudizi ex cattedra chi a tali giudizi non è titolato vuoi per la propria formazione culturale , vuoi, soprattutto, per i propri trascorsi. E, volutamente, cito chi al vertice della graduatoria delle istituzioni si trova. L’Italia è uno strano paese. Ha combattuto, ed ha VINTO, battaglie politiche e civili durissime per opporsi al comunismo, ottenendo dalla storia il riconoscimento della propria intelligenza, eppure si ritrova oggi con un Presidente della Repubblica “comunista” , tale non più di tessera, ma di formazione culturale e di trascorsi mai ripudiati. Il Presidente della Repubblica è appunto, il Presidente della Repubblica, e nel corretto svolgimento delle attribuzioni e funzioni allo stesso delegate dall’articolo 87 della Costituzione nulla è allo stesso opponibile. Ma per quel che attiene le di lui “ esternazioni” sui temi più disparati è fatta salva la facoltà di contestazione non solo e non tanto sulla forma , ma soprattutto nel merito. Il senatore a vita Giorgio Napolitano è recentemente intervenuto pressocchè su tutto. Dalla affermazione del valore insopprimibile della cultura al diritto alla rappresentanza sindacale; dal rispetto dei diritti umani alla salvaguardia della sovranità popolare. E così via. Però… Dal 1969 al 1975 il senatore Giorgio Napolitano ( membro del Comitato centrale del Partito Comunista italiano dal 1956 e, poi, della Direzione Nazionale dello stesso) è stato il responsabile della politica culturale del partito. Nel 1970 lo scrittore dissidente sovietico Alexandr Solzhenitsyn, di fatto agli arresti, ottenne il Nobel per la letteratura, venendo popi espulso dall’U.R.S.S. nel 1974. Non risulta che il senatore Giorgio Napolitano abbia, nella circostanza, speso una parola in difesa della cultura. Nel dicembre del 1981 Lech Walesa, Segretario di Solidarnosc, il sindacato dei lavoratori polacchi che già contava nove milioni di iscritti, venne arrestato in base alla legge marziale emanata dal generale Jaruzelski e, quindi, rilasciato sotto libertà vigilata nel novembre 1982. Anche in questo caso non risulta che il senatore Giorgio Napolitano abbia detto alcunché sulla libertà e sulla rappresentanza sindacale. Il 1956 fu l’anno della rivolta d’Ungheria. Il senatore Giorgio Napolitano approvò la condanna degli insorti definiti dal Partito Comunista Itlaiano “teppisti” e “spregevoli provocatori”, elogiando egli PERSONALMENTE l’intervento militare sovietico- che la rivolta represse con migliaia e migliaia di morti- dichiarando che detto intervento aveva contribuito “alla pace nel mondo”. Più prudente, nel senso che nulla disse adeguandosi pienamente alle posizioni del Partito, lo fu nel 1968, l’anno della così detta “Primavera di Praga”, anche essa repressa nel sangue dai militari sovietici. Del massacro di due milioni di cambogiani, operato dal marxista Pol Pot dal 1975 al 1979, non è noto alcun pubblico commento del senatore Giorgio Napolitano, evidentemente non curandosi egli, all’epoca di diritti umani e di sovranità popolare. Il perché delle presenti note è presto detto. Azioni ed omissioni, in politica, costituiscono l’unico metro di valutazione della politica stessa ed i silenzi del senatore Giorgio Napolitano hanno una valenza di gran lunga superiore a quell’andar per donne di cui tanto per adesso si ciancia. Eppure del Presidente della Repubblica prendiamo per buono quel che dice e non quel che ha fatto o fa, riportandoci così all’invito di San Giovanni Bosco: appunto, “fate quel che dico e non quel che faccio”. Perché al Presidente del Consiglio, fatte salve le valutazioni “morali” che ciascuno è libero di fare e che con la politica nulla hanno a da vedere, non può applicarsi la stessa considerazione e, soprattutto, lo stesso metro di valutazione, quello politico appunto ? E nel confronto tra i due, personalmente non ho dubbi su chi prevalga, quanto meno per il praticato, con successo, anticomunismo, fermo restando che il bilancio della vita di ciascuno di noi è dato dalla somma algebrica del bene e del male compiuti. avvocato Alfio Ziino

, a cura di Peppe Paino

Data notizia: 1/27/2011

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