La Madonna del Terzito a Ischia

La Madonna del Terzito a Ischia Michele Merenda SALINA – Risolto un piccolo enigma storico-religioso riguardante l’isola di Salina e quella di Ischia. Nella maggiore delle Flegree, infatti, a 500 metri dal porto, vi è un’edicola votiva dedicata alla Madonna del Terzito (nella foto offerta gentilmente e gratuitamente da Nicola Barile), cioè la figura spirituale a cui è stato dedicato il Santuario di Valdichiesa (frazione del comune di Leni) proprio a Salina. L’importanza di tale culto è tenuta in massima considerazione dagli storici, perché, avendo avuto origine attorno al VI-VII secolo d.C., si tratterebbe di uno dei primi culti mariani dell’Impero d’Occidente. Una devozione che nel Medioevo ha avuto forte eco, tanto che già si parlava della “Madonna delle Saline” e che ancora oggi gli abitanti di tutte le isole (compresi gli emigrati verso altri continenti) sentono propria. Ma allora, cosa ci può entrare Ischia, dove è ubicata quella chiesetta (“cresiòla, in dialetto eoliano) risalente alla seconda metà del XIX secolo? La risposta ce la dà Antonio Brundu, bibliotecario ed addetto culturale del Comune di Malfa, che ha incontrato proprio nella ricca biblioteca locale (oltre 10.500 testi) il sig. Biagio Lauro di Merano, provincia di Bolzano. Originario di Ischia, ovviamente. «Ho conosciuto il sig. Lauro casualmente – ci ha raccontato Brundu –, in quanto venne per prendere in prestito dei libri, e mi parlò di un volume sulla storia di dell’isola partenopea scritto da Giuseppe D’Ascia, risalente al 1867. Mi ha in seguito scritto una lettera in cui ha allegato il diciottesimo capitolo dell’opera, intitolato emblematicamente: “I Tre Liparoti”». Stando alle notizie dello storico locale, i fratelli Gaetano, Giuseppe e Antonio Sanfilippo di Lipari sbarcarono nell’isola campana durante gli ultimi mesi del 1855 ed agli abitanti del Comune di Florio dissero di conoscere lo “specifico” per salvare l’uva dal “crittograma”, cioè quel parassita meglio noto con il nome di “Fillossera” che aveva distrutto le vigne di mezza Europa, Eolie comprese. Ischia non era immune dal flagello, infatti l’economia si trovava in ginocchio. Questo “specifico” altro non era che un particolare zolfo, che in piccolissime dosi uccideva l’agente nocivo. Un rimedio che i dotti di allora respingevano in toto, difatti la diffidenza verso i tre eoliani fu quasi generale e vennero messi a disposizione solo piccolissimi appezzamenti di terreno, ormai sterili ed improduttivi. La solforazione venne ripetuta più volte durante il nuovo anno e le viti opportunamente trattate produssero ottima uva, nonostante l’ostinazione degli scettici. Una storia che però non ha un lieto fine. «I Sanfilippo – scrive D’Ascia – furono i benemeriti del paese. E pure gl’ischioti furono ingrati con costoro! Alcuni negarono loro anche la pattuita somma; ed eglino dovettero litigare per ottenerla». Si spese parecchio per feste e celebrazioni. Ma ai Sanfilippo? «Nulla! Essi partirono d’Ischia più poveri di quello che erano venuti e per sovrappiù carichi di debiti contratti per l' acquisto del solfo». E come conclusione più amara, ne partirono solo due. «Il fratello Giuseppe – si legge – moriva di crepacuore nel Comune di Ischia, poiché tutto si sopporta su questa terra fuorché l’ingratitudine». Secondo alcune ipotesi, comunque, i tre provenivano dal paese di Rinella, cioè da Salina, vicinissimi quindi alla sede del culto trattato. Ancora oggi, nella zona di Ischia denominata “Marunnella”, è possibile ammirare la chiesetta dedicata alla Madonna del Terzito, madre di tutti gli eoliani, che alcuni abitanti vollero erigere come ringraziamento ai tre fratelli, scrivendo in particolare: “In divozione di Gaetano Sanfilippo, solfatore d’uva”, probabilmente il più anziano del gruppo.

a cura di Peppe Paino

Data notizia: 3/7/2012

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