La principale caratteristica della cucina eoliana è l’uso costante e sapiente delle erbe odorose e in particolare del cappero. Le origini di tale cucina sono antichissime, sviluppatasi nel corso di duemila anni, è stata influenzata da molti colonizzatori stranieri a cominciare dai greci, che introdussero l’arte della vinificazione, ancora oggi uno dei vini più pregiati è il “Corinto”.
L’uso dei legumi è invece da riferirsi ai romani; ceci, fave, fagioli, lenticchie e il “maccu”, una purea di fave secche. Tuttavia furono gli arabi, coloni durante il IX secolo, a trasformare radicalmente la cucina insulare. Essi introdussero una lunga lista di alimenti e lasciarono in eredità varie tecniche di preparazione ancora in uso, come le carni allo spiedo e i cibi ripieni, particolarmente evidente nella combinazione di noci, pinoli o uvetta, cui si ricollega il cunigghiu all’agruduci eoliano. Successivamente i normanni portarono alcune innovazioni tipiche delle loro terre, come ad esempio il baccalà essiccato, detto piscistoccu e sotto gli spagnoli, s’introdussero gli alimenti provenienti dal Nuovo Mondo che furono incorporati nelle ricette esistenti.
A oggi la cucina eoliana continua a tramandarsi da madre in figlia o attraverso siti internet d’argomento culinario, che offrono consigli utili e innovazioni tecniche alla preparazione di queste succulenti pietanze. L’arcipelago è anche divenuto di recente presidio Slow Food, fa parte di un’associazione internazionale no profit, impegnata nella valorizzazione del cibo e delle tradizioni locali in armonia con l’ambiente autoctono.
Chi viene alle Eolie, oltre bearsi delle bellezze naturali, non può perdere l’appuntamento con la degustazione dei suoi piatti: dalla pasta al nero di seppia, gli spaghetti olive e capperi, la pasta ncaciata e la pasta chi patieddi, dove il sapore del mare si ritrova intenso nei molluschi, oppure l’antica niputiddata, la cernia al sugo, i totani ripieni, l’insalata cu’ u pane caliatu, lo scorfano a ghiotta, il tutto arricchito dai dolci della tradizione come i gigi di carnevale, fatti con il vino cotto, le nacatule, gli spicchiteddi e l’immancabile vino Malvasia dell’Eolie.
di Melissa Prota
Data notizia: 2/3/2015
dalla nostra Daniela Bruzzone
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