L’arcipelago eoliano conta, in realtà, un’ottava isola… Molto lontana rispetto alle sette sorelle del Mediterraneo ma decisamente molto più grande. Immersa tra due oceani, a tante latitudini di differenza, è stata per molti anni l’Australia la meta di un’immigrazione senza sosta da parte di centinaia di eoliani, i quali pur di scambiare la propria terra di origine con il mare, hanno preferito approdarvi per la prima volta come “avventurieri” nella seconda metà dell’Ottocento.
A testimonianza di questo intrinseco rapporto, fino al 30 ottobre sarà possibile visitare all’Immigration Museum di Victoria, la mostra “From Volcanoes we sailed. Connecting Aeolian generations”.
L’esposizione ha l’obiettivo di scoprire il notevole patrimonio, culturale di una comunità migrante, orgogliosa e fiera delle proprie origini, proveniente dal più affascinante arcipelago di origine vulcanica del Mediterraneo.
Famosi a Melbourne per loro 'palazzi di frutta' (il variopinto mercato di frutta), gli eoliani hanno stabilito un vasto numero di imprese indipendenti nella loro terra di recente adozione, diventando spesso leader nella politica e nella società.
La mostra, curata da Cristina Neri e Laurence Strangio con l’aiuto di Janetta Ziino, racconta tradizioni culinarie (gli spicchiteddi o i vasteduzzi), sociali e religiose (feste e sagre) custodite gelosamente e mantenutesi nei decenni grazie al ruolo fondamentale della Società Isole Eolie ma si concentra su un aspetto fondamentale, le persone. Attraverso un documentario realizzato dalla Point Cool Production (di Oscar Strangio e Jack Ralph), sette discendenti di seconda, terza e quarta generazione parlano del loro legame con le Eolie, dell’influenza avuta dall’identità eolo-australiana sulle loro vite e aspirazioni.
di Rosa Maria Ciulla
Data notizia: 5/24/2016
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