Regione, per la sfiducia bastano 46 firme

Regione, per la sfiducia bastano 46 firme Gazzetta del Sud Mario Cavaleri PALERMO- Il week end non contribuisce a smorzare la tensione; l'acuisce con botta e risposta a distanza tra i leader, che si provocano a conferma di un rapporto logorato nella maggioranza, tale da poter precipitare da un momento all'altro. Raffaele Lombardo mantiene il suo consueto aplomb e va avanti senza farsi trascinare nella palude dei vertici. Oggi sarà in Sardegna, "precettato" dal Cavaliere per dar manforte alla campagna elettorale del candidato presidente Cappellacci, mentre qui i partiti alleati «tentano la delegittimazione e boicottano le riforme». E a chi gli contesta di varare provvedimenti senza averli concordati replica secco: «Pongono paradossalmente in discussione l'azione di un governo in cui vi sono loro rappresentanti che nelle scelte dell'Esecutivo non hanno fiatato. Si mettano d'accordo: o ritirano quella rappresentanza o la invitino a aprire gli occhi nell'approvare provvedimenti che poi non piacciono ai loro partiti». E ricorda a tutti: «A volte i partiti dimenticano che il presidente della Regione è eletto dai cittadini ed è lui che nomina la giunta per la realizzazione del programma».Quanto all'ipotesi di nuove elezioni: «La legge prevede il deposito della mozione di sfiducia: basta che la firmino 46 parlamentari dell'Ars, il modulo sanno dove si trova, ma se vogliono glielo porto io. Si toglie il disturbo e ...tutti a casa».Non basta: «Il Ddl sui rifiuti è passato in commissione; anche quello sulla sanità passerà e poi andrà in aula». E con riferimento al disegno di legge sull'Ato rifiuti che smantella il sistema precedente, esitato in Commissione con i voti di Mpa e Pd, mentre Udc e Pdl hanno abbandonato l'aula, sottolinea: «Il non esserci quando si è più numerosi e quindi vincenti è il segno della volontà di non fare le cose». Da qui la convinzione di un disegno preciso di indebolire, delegittimare, "aggredire" e possibilmente ribaltare le cose: «Ricordo l'esperienza di Milazzo. Quando autonomisticamente si vuole difendere e rappresentare la Sicilia eliminando il modello ascaristico, gli ascari reagiscono e gli ascari sono maggioranza e sono potentissimi».Il suo amico e alleato di ferro Gianfranco Micciché, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega al Cipe, lo invita a «fare una verifica per vedere se ha la maggioranza, in caso contrario si vada alle urne». L'ex amico Totò Cuffaro, vicesegretario nazionale dell'Udc si limita a dire: «Lombardo non lo capisco più. Se vuole cancellare quello che avevo fatto io, faccia pure, è importante che pensi al bene della Sicilia»Dentro l'Udc c'è pure frizione e nel lamentare mancanza di dialogo, il sen. Salvatore Cintola e il segretario provinciale di Palermo Mario Parlavecchio (che ieri non hanno partecipato all'incontro col leader Casini a Caltanissetta) a proposito della giunta regionale commentano: «Gli attacchi al presidente Lombardo e all'assessore Russo devono cessare, perché altrimenti non si capisce cosa restiamo a fare al Governo». Dall'opposizione, il capogruppo del Pd, Antonello Cracolici, coprotagonista nella vicenda Ato chiosa: «l'Ars è diventata il Vietnam del centrodestra».Comunque le vie della politica sono infinite e sulla stessa riforma della sanità è possibile che i distinguo all'interno dei gruppi contestatori facciano la differenza, visto che il ritorno alle urne non piace a nessuno. O quasi.Si vedrà martedì nella Commissione presieduta da Giuseppe Laccoto, il quale si sta spendendo in un lavoro di ricucitura che estenda i punti condivisi. Nel merito egli stesso è intervenuto per sostenere alcuni aggiustamenti, come il salvataggio del Polo oncologico di eccellenza a Messina. Ma il punto dolens rimangono Asl, manager e ospedali.

, a cura di Peppe Paino

Data notizia: 2/2/2009

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