Tumore colon, siciliani protagonisti nella ricerca

Riceviamo da Massimiliano Cavaleri e pubblichiamo: TAORMINA (15 feb) - Saranno presentati oggi alle 14 al Castello di San Marco a Calatabiano (via San Marco, 40) i risultati dello studio internazionale Xeloxa, al quale ha partecipato anche l’Ospedale taorminese San Vincenzo. I dati, già esposti in anteprima a Berlino durante il Congresso Ecco-Esmo, dimostrano che i pazienti con tumore colorettale in stadio iniziale possono contare su un’ulteriore opzione nel trattamento del carcinoma del colon-retto: la capecitabina e l'oxaliplatino che dopo l'intervento chirurgico fanno guarire dalla malattia più a lungo rispetto ai soggetti trattati con il regime chemioterapico comunemente impiegato. All'incontro prenderanno parte Francesco Ferraù (U.O. Oncologia medica, Ospedale S. Vincenzo di Taormina), Giuseppe Banna (U.O. Oncologia medica Policlinico Universitario di Catania), Carmelo Iacono (Oncologia medica Asp 7 di Ragusa) e Vittorio Gebbia (Oncologia medica Università di Palermo) e Hans-Joachim Schmoll (Oncologia Università di Halle in Germania). Notizia più che positiva dal momento che il tumore del colon retto è la seconda causa di morte da tumore in Europa (circa 500 decessi al giorno) ed è il terzo tumore più diffuso al mondo con circa 1 milione di casi all’anno. I dati più recenti stimano circa 40.000 nuovi casi ogni anno in Italia con 15.000 decessi. “Lo studio ha dimostrato innanzitutto che la terapia adiuvante, a completamento dell’intervento chirurgico, può portare a guarigione completa dalla malattia” – ha affermato Francesco Ferraù, U.O. Oncologia Medica, Ospedale S. Vincenzo, che ha partecipato allo studio internazionale – “e lo schema Xelox, che associa la capecitabina, una terapia orale, a oxaliplatino, conferma la tendenza dell’oncologia moderna, e cioè l’impiego dei farmaci a domicilio”. Altro aspetto fondamentale è la maneggevolezza della nuova associazione terapeutica rispetto alla chemioterapia standard: con la terapia orale la somministrazione può avvenire a domicilio, con un evidente beneficio in termini di qualità della vita per i pazienti. “E' la più grande ricerca mai condotta su pazienti non trattati in precedenza e sottoposti a intervento chirurgico per questo tipo di tumore” – precisa il professor Hans-Joachim Schmoll, coordinatore del trial e Direttore Dipartimento Oncologia Università di Halle-Germania – “ha dimostrato che la sopravvivenza libera da malattia a tre anni nei pazienti trattati con regime Xelox è stata del 70,9 %, superiore ai tradizionali dati. La capecitabina può essere definita una chemioterapia target: il farmaco è stato sviluppato per trasformarsi in fluorouracile direttamente all’interno delle cellule tumorali, aumentando la propria attività proprio all’interno della cellula bersaglio e riducendo gli effetti collaterali alle cellule sane circostanti. Anche per questo motivo la combinazione capecitabina e oxaliplatino è ben tollerata anche dai pazienti più anziani per i quali la sopravvivenza libera da malattia a 3, 4 e 5 anni è superiore rispetto al regime chemioterapico comunemente impiegato basato su 5-FU/LV: lo dimostrano i risultati di una analisi che ha riguardato un sottogruppo di pazienti e che seguono i principali risultati dello studio presentati all’Ecco-Esmo. Questi dati testimoniano che Xelox può essere impiegato nel trattamento del cancro colorettale in fase III a prescindere dall’età del paziente. Quindi ottime notizie per i pazienti: nuove strategie di cura vanno ad arricchire l’armamentario terapeutico a disposizione dei medici oncologi per trattare il tumore del colon-retto, che a differenza di altri tipi di tumore, nel 90 % dei pazienti, grazie a diagnosi precoce e a trattamenti tempestivi potrebbe andare incontro a remissione.

, a cura di Peppe Paino

Data notizia: 2/15/2010

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