"Italiano mi disse che un amico aveva problemi"

"Italiano mi disse che un amico aveva problemi" Gazzetta del Sud Nuccio Anselmo Messina Anomali rapporti con politici, funzionari comunali e operatori economici dell'hinterland milazzese. Li ha delineati con dovizie di particolari l'imprenditore-pentito palermitano Ettore Crisafulli nell'inchiesta "Ponente", quando nella primavera del 2009 davanti agli investigatori della Squadra Mobile di Messina ha ripercorso tutto quello che ha subito dopo l'aggiudicazione dell'appalto per sistemare finalmente il lungomare di Ponente a Milazzo, un affare da quasi dieci milioni di euro. C'è tutto il canovaccio tristemente classico della "messa a posto" mafiosa in questa storia. La costante richiesta della "mazzetta" del 3% sull'appalto, i "consigli" per scegliere tra i fornitori di materiale gli amici degli amici, gli attentati e gli incontri con gli intermediari per "risolvere tutto". Nel corso dell'inchiesta è finito nel calderone delle indagini anche un episodio molto particolare, qualificato dalla Procura come tentata concussione, raccontato dall'imprenditore Crisafulli e da altri protagonisti tra i suoi familiari e dipendenti, che riguarda il sindaco di Milazzo Lorenzo Italiano e il giornalista milazzese Salvatore Piccione. Per entrambi, iscritti nel registro degli indagati per questo episodio, la Procura antimafia aveva richiesto al gip Genovese l'emissione di misure restrittive a loro carico, misure che il gip non ha concesso dopo aver letto gli atti per un duplice profilo: per un verso la mancanza dell'apprezzabile grado di gravità indiziaria e per altro verso l'incompetenza territoriale, poiché secondo il gip «la tentata concussione ascritta agli indagati, non avvinta da alcuna connessione qualificata ai fatti di criminalità organizzata passati in rassegna nel presente provvedimento, esula in ogni caso dalla competenza del giudice distrettuale, in quanto consumata sul territorio di Milazzo». Il gip per questo troncone ha quindi restituito gli atti al pm «per l'inoltro all'autorità giudiziaria competente». Secondo quanto ha raccontato Crisafulli agli investigatori nell'ottobre del 2007, mentre si trovava a Giarre, venne raggiunto da una telefonata del sindaco Italiano «che lo invitava a raggiungerlo con urgenza presso il suo ufficio». Qualche ora dopo quella telefonata l'imprenditore era davanti al sindaco. Ecco il racconto del gip sulla scorta delle dichiarazioni di Crisafulli: «... il sindaco premesso che "un suo caro amico aveva problemi di natura economica", lo aveva esortato ad aiutarlo poiché sarebbe tornato utile sia all'impresa sia a lui come politico. Subito dopo l'Italiano aveva telefonato ad una persona preannunciandole con un tono confidenziale la visita del Crisafulli. Nonostante il tentativo dell'imprenditore di rimandare l'incontro, l'Italiano non aveva sentito ragioni esortandolo con tono perentorio a raggiungere la sede dell'emittente "Tele Tirreno" ove lo attendeva tale Rino Piccione». Sarebbe stato un colloquio a due tra Italiano e Crisafulli, il figlio dell'imprenditore sarebbe stato fatto uscire poco prima. Il racconto del gip poi prosegue con la visita di Crisafulli in televisione, accompagnato dal figlio Enrico e dal capo cantiere Vito Inghilleri: «... ricevuti da Piccione, questi aveva incaricato la segretaria di far visitare loro gli studi televisivi. Esaurita la visita e ritornati al cospetto del Piccione, l'indagato "senza tante cerimonie, sostenendo che una struttura di quel tipo aveva dei costi enormi", aveva chiesto al Crisafulli la somma di 50.000 euro, adducendo che si trovava in difficoltà». La "dazione" in realtà non è mai avvenuta, e l'imprenditore palermitano ha inoltre raccontato che i suoi guai per quest'appalto («... l'insorgere di un atteggiamento ostruzionistico da parte dell'amministrazione comunale... contestazione della qualità dell'impianto di illuminazione... rescissione del contratto»), sarebbero cominciati proprio dopo il mancato pagamento di questa somma. Ma è una prospettazione che il gip Genovese non ha ritenuto supportata da validi elementi d'accusa («... la prospettazione non trova tuttavia univoco conforto nella documentazione in atti»), anche perché lo stesso imprenditore in una sua dichiarazione ha affermato che la diatriba con il Comune di Milazzo era iniziata qualche mese prima della «convocazione autunnale», vale a dire la telefonata fatta dal sindaco Italiano a Crisafulli nell'ottobre del 2008. E il sindaco Italiano nella serata di ieri ha diffuso una nota: «Resto sorpreso per quanto riportato dai mass media. Mi dichiaro completamente estraneo ai fatti riportati nelle notizie delle tv private. Mi amareggia che ciò arrivi in un momento particolarmente delicato – a due settimane dal voto – e nel pieno di una campagna elettorale che sino ad ora si è caratterizzata solo per i toni alti. Tuttavia con la coscienza di chi ha l'animo sereno, ripongo la mia piena fiducia nell'operato della magistratura che svolgerà appieno, nell'interesse comune, ogni apposita indagine volta all'affermazione della verità. Capisco che l'aver attivato nei confronti di un soggetto che oggi mi lancia accuse pesanti e nei confronti del quale la Prefettura di Palermo con propria nota ha ritenuto "che allo stato siano presenti elementi sufficienti tali da far ritenere sussistenti tentativi di infiltrazioni mafiose tendenti a condizionare scelte e indirizzi della ditta...", possa aver determinato reazioni dirompenti, ma non immaginavo che si arrivasse a questo punto». «La mia amministrazione – prosegue il sindaco –, prima in Sicilia ad avere aderito al protocollo di legalità "Carlo Alberto Dalla Chiesa" finalizzato proprio a contrastare tentativi di infiltrazioni mafiose nella gestione degli appalti pubblici, con apposta delibera di giunta del luglio del 2006, infatti con riferimento all'appalto di Ponente, si è attivata immediatamente dopo aver ricevuto l'informativa della Prefettura per ristabilire la legalità», e afferma ancora che «... la giustizia amministrativa, di primo e di secondo grado ha confermato la giustezza dell'operato dell'Amministrazione ritenendolo pertanto legittimo e corretto. Nonostante tali provvedimenti la ditta non voleva abbandonare il cantiere e sono stato costretto a rivolgermi nel mese di marzo del 2009 alla locale Compagnia dei carabinieri, interessando la Procura di Barcellona».

, a cura di Peppe Paino

Data notizia: 5/18/2010

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