Maggioranza alla prova. Altrimenti le urne

Gazzetta del Sud Michele Cimino PALERMO Lombardo non si dimette e rilancia. In caso di elezioni anticipate, provocate dall'uscita del Pd dalla maggioranza si ricandiderà. Questa, in estrema sintesi la risposta del presidente della Regione alla dichiarazione congiunta di Pierluigi Bersani e Giuseppe Lupo che intendono valutare l'opportunità di continuare a sostenere il suo governo alla luce della recente notifica dell'avviso di garanzia che vede Lombardo indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Posizione in parte corretta ieri dal leader del Pd ospite di "La 7" dove alla giornalista Lilly Gruber ha chiarito: «non c'è ancora un rinvio a giudizio, ma si è creata una situazione delicata, da qui l'incontro col partito siciliano per una riflessione. Noi abbiamo dato sostegno tecnico a una giunta per cercare di dare governabilità alla Regione. Anche perchè l'alternativa è Cuffaro... Se questi fatti consentono di governare e fare qualcosa di utile o no lo vedremo e decideremo nei prossimi giorni». Ma Raffaele Lombardo è determinato: "Non accetto lezioni di moralità da nessuno e soprattutto da chiacchieroni - ha esordito nell'incontrare i giornalisti a Palazzo d'Orleans, (presenti anche "seppur non invitati", ha tenuto a precisare gli assessori Mario Centorrino e Uccio Missineo, il capogruppo del Mpa al Senato Giovanni Pistorio, il capogruppo all'Ars Francesco Musotto e il deputato Roberto Di Mauro) - che non sanno cosa sia la lotta alla mafia e alla criminalità, che il mio governo ha contrastato come mai successo in Sicilia. Ho espresso apprezzamento per un partito che ha sostenuto la nostra azione di governo, ma non consento a nessun partito di giudicare né la mia credibilità né la mia onorabilità. Ci sono interviste varie ispirate alla nostalgia dello 0 a 61". Ed uno di questi "nostalgici" della grande sconfitta subita dal centro-sinistra in Sicilia, che preme perché il Pd siciliano torni all'opposizione, lo ha anche citato, è l'ex segretario Walter Veltroni. Ma subito dopo ha ricordato che col Pd e "con questo governo si è avviato un processo di riforme e di cambiamento. Se su questa via non si può procedere - ha sottolineato Lombardo - io ne prenderò atto e si passerà alla valutazione elettorale. Non serve un referendum, ne organismi di partito. Basta dire: noi sulle riforme non siamo d'accordo. Ne prenderò atto! E' da escludere un cambio di maggioranza all'Ars. La mia - ha spiegato - è una giunta tecnica in cui ognuno esprime le proprie competenze, quindi non c'è nessuna delegazione da ritirare. Si va avanti così, o nulla". E, a quanto pare, buona parte del gruppo parlamentare del Pd all'Ars non intende concludere l'esperienza in corso. "Ho ricevuto una quindicina di sms - ha replicato in proposito Lombardo alla domanda di un cronista - che mi dicono di andare avanti. Io a questo punto non mi dimetto, resto al mio posto perché non vedo ragioni per fare diversamente. L'azione del mio governo si è caratterizzata per le riforme. Se sarà il caso, e non ci saranno le condizioni per andare avanti, nessun compromesso. Senza una maggioranza, non si tira a campare. A me non piace, non sono per nulla abbarbicato a questa poltrona. Se non ci sono le condizioni, si torna al giudizio degli elettori". Precisato che in caso di elezioni anticipate intende riproporre la sua candidatura per Palazzo d'Orleans, alla domanda, "con quale coalizione?", Lombardo ha replicato: "E' presto per parlarne, ma il terzo polo è certamente un riferimento importante". Parlando, quindi, dell'inchiesta giudiziaria a suo carico in corso a Catania, nel ribadire la propria innocenza, ha precisato di "non aver dato passaggi in macchina" a chi lo " insulta" e lo "aggredisce". "Questo governo - ha ripetuto - ha portato avanti riforme che hanno costituito un contrasto alla mafia forse senza precedenti. Ma alla magistratura - ha aggiunto - va tutto il rispetto e il sostegno". "Non cederò alla tentazione - ha affermato - di fare discorsi simili a quelli che fa il Cavaliere. La mia posizione è quella di sostenere il ruolo che è stato assicurato dalla magistratura, cui va garantita sempre indipendenza e autonomia". Quindi, con chiaro riferimento al sottosegretario alla presidenza Gianfranco Miccichè, con il quale nei giorni scorsi ha avuto uno scambio di battute piuttosto pesanti, ha affermato: "Chiedo scusa se ho offeso qualcuno, e so di averlo fatto. Qualche volta ci facciamo prendere dalla rabbia". E ha concluso la conferenza stampa parlando del bilancio, in questi giorni all'esame dell'Ars, che ancora non si riesce a chiudere perché manca la quantificazione delle quote di provenienza statale, assicurando che "sarà fatto, con o senza la collaborazione dello Stato". E su questo punto si è detto d'accordo anche il presidente dell'Ars Francesco Cascio, per il quale, a prescindere dai venti di crisi provenienti dall'interno del Pd, "Urge definire e approvare i documenti contabili della Regione, mettendo da parte polemiche e personalismi che ci allontanano dal raggiungimento tempestivo di questo obiettivo, che è per la Sicilia una priorità assoluta". "Davanti a un quadro così fosco – ha aggiunto – credo che nessuno dei parlamentari o dei componenti di questo governo voglia portarsi sulla coscienza il peso di negare l'unica risposta di speranza possibile, ovvero l'approvazione del Bilancio. Confido, quindi, che gli uomini politici di buona volontà raccolgano il mio appello trasversale e rinviino ogni questione o sentimento pregiudiziale che possa compromettere questa meta vitale per la Sicilia". "L'appello del presidente dell'Ars – ha replicato il capogruppo del Pdl Innocenzo Leontini – è condivisibile. Sono convinto che dopo l'approvazione del bilancio Lombardo debba dimettersi. Non tanto per la vicenda giudiziaria quanto per il fallimento politico del suo governo. Tocca ai giudici il compito di valutare eventuali responsabilità penali".

, a cura di Peppe Paino

Data notizia: 4/15/2011

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