Sos sulla fauna marittima eoliana

Sos sulla fauna marittima eoliana Salvatore Sarpi Gazzetta del Sud «Gli esemplari di cetacei comuni e stenelle e le ultime berte maggiori che nidificano negli scogli di Filicudi, Lipari, Vulcano e Pollara, si sono ridotti ormai ad una cinquantina per specie. Dei delfini avvistati abitualmente sin dal 2004, ne restano pochissimi esemplari». L’ “Sos” sulla fauna marina eoliana è stato lanciato durante l’inaugurazione a Filicudi del Centro di ricerca e conservazione delle risorse marine delle Eolie. L’allarme arriva da un gruppo di giovani volontari, biologi dell’Università La Sapienza di Roma. Lavorano dal 2004 ad un progetto del ministero dell’Ambiente per censire le ultime popolazioni di tursiopi comuni e di stenelle, ma anche di tartarughe marine della specie caretta caretta. Tra l’altro, un magnifico esemplare di oltre 50 chili, in cura da alcune settimane a Filicudi, è stato liberato nel mare dell’isola proprio in occasione dell’inaugurazione del Centro di ricerca. «L’esemplare – ha spiegato Monica Blasi (direttrice del centro) biologa romana che collabora con l’Ateneo capitolino - era vittima di un’occlusione intestinale, forse aveva ingerito plastica o un amo da pesca, e sarebbe stato costretto a restare in superficie esponendosi ai parassiti o alle eliche di navi e motoscafi, con una morte pressoché assicurata. Si è posta troppa attenzione ai siti di riproduzione di questi animali che vivono sino a 50 anni e tornano di frequente nelle stesse aree per alimentarsi, e meno alla mappatura dei loro areali di ricerca del cibo nei lunghi spostamenti, le secche tra i 40 ed 50 metri, come quelle disposte tra Filicudi e Salina a circa 3 miglia dalla costa, zone importanti che andrebbero salvaguardate. Ma senza rigorosi controlli, e la sensibilizzazione dei pescatori e dei turisti, diventa un lavoro sprecato. Per fortuna da queste parti possiamo avvalerci dell’attenzione e della collaborazione del Circomare Lipari». La nuova base operativa di Filicudi consentirà di migliorare lo stato di conservazione della tartaruga marina caretta caretta grazie alla costante presenza di una unità operativa, costituita da ricercatori esperti, che si occuperà tutto l’anno di monitorare la presenza e lo stato di salute di questa specie. Quest’area marina fortemente antropizzata è infatti molto importante per le attività di alimentazione e svernamento della caretta caretta che frequenta l’ambiente costiero nella fase del ciclo vitale in cui l’individuo non è ancora maturo sessualmente. L’utilizzo di una imbarcazione di ricerca provvista di necessaria strumentazione scientifica e vasche di trasporto consentirà di recuperare a mare gli individui trovati in cattivo stato di salute e trasportarli d’urgenza al centro di recupero di Comiso. Le tartarughe recuperate verranno provvisoriamente detenute in vasche idonee alle cure primarie. Il “pronto soccorso” ha lo scopo di agevolare la rete di recupero a livello regionale che prevede la collaborazione di molte unità operative.

, a cura di Peppe Paino

Data notizia: 7/14/2011

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