Cameriere non violentò compagna di lavoro

Gazzetta del Sud VULCANO- La vicenda giudiziaria che aveva visto suo malgrado protagonista un cameriere di un ristorante di Vulcano, il trentaduenne Alam Suhadul originario del Bangladesh, arrestato sull'isola il 10 settembre del 2010 perché ritenuto responsabile di violenza sessuale nei confronti di una giovane collega palermitana, si è conclusa con la clamorosa assoluzione dell'imputato decisa con la formula "perché il fatto non sussiste". La sentenza che scagiona il giovane straniero è stata pronunciata dai giudici del Tribunale di Barcellona (presidente Maria Celi, componenti Sara D'Addea e Francesco Catanese). L'imputato aveva persino scontato sette mesi di reclusione come carcerazione preventiva. A contribuire all'assoluzione sono state le contraddizioni in cui sarebbe più volte caduta la vittima durante il suo interrogatorio, ma anche le numerose testimoniante rese in favore dell'imputato da parte dei colleghi e della titolare del ristorante. Il pubblico ministero Fabio Sozio aveva chiesto la condanna a 5 anni di reclusione. Alle conclusione della pubblica accusa si era associato il difensore di parte civile, l'avv. Nino Aloisio. L'assoluzione era stata invece chiesta dai difensori dell'imputato Giovanni Cicala e Simone Giovannetti che hanno sempre creduto nell'innocenza del giovane cameriere. I fatti che hanno generato il processo penale sarebbero avvenuti durante una festa svoltasi in una casa dell'isola. Festa in cui in tanti avrebbero bevuto. Alam Suhadul, il cameriere accusato della grave violenza sessuale, aveva sempre asserito di "non ricordare nulla di quella sera - perché anche lui ubriaco e colto da malore - e, comunque, di non essersi macchiato di alcun atto di violenza" nei confronti della sua giovane collega di lavoro (una ragazza che all'epoca aveva 21 anni originaria di un paesino del palermitano) con la quale lo straniero aveva sempre sostenuto di «avere avuto una relazione amorosa». Secondo la pubblica, invece, l'immigrato avrebbe approfittato – così come denunciato dalla giovane vittima – dello stato di persona indifesa in cui si trovava la ragazza per avere con lei rapporti sessuali completi rifiutati fino a quella sera e limitati a semplici approcci amorosi. Numerosi i testimoni che hanno reso dichiarazioni in aula, quasi sempre in favore dell'imputato.(l.o.)

a cura di Peppe Paino

Data notizia: 3/4/2012

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