Povera, vecchia Sovrintendenza

Povera, vecchia Sovrintendenza Riceviamo da Pietro Lo Cascio e pubblichiamo: Quando si vuole attribuire un significato di eccedenza a una parola, o più esattamente a un semantema, la lingua italiana prevede che questo sia preceduto in molti casi dal morfema “sopra”, o “sovra”; per esempio, sovrabbondanza, sovraccarico, sovraesposizione, sovraffollamento, sovrappopolazione, fino ad arrivare alla sovrintendenza, o soprintendenza, per la quale il celebre “Devoto & Oli” recita “nome degli uffici periferici […] aventi come compito la conservazione e la tutela del patrimonio artistico, archeologico, storico, ecc.” Nessun eccesso, dunque, in questo sostantivo. Eppure molti abitanti di Lipari potrebbero oggi avere motivo di sospettare di eccessiva clemenza (dunque, di “sovraclemenza”) gli autori del noto vocabolario. Da qualche anno, l’isola si presenta infatti abbellita da un’ardita struttura lignea, il cui stile ricorda – nemmeno tanto vagamente – quello dei palazzetti sportivi con annessa piscina olimpionica, in perfetto stile da paesello delle Dolomiti. La struttura in questione non è però sede di tornei di pattinaggio sul ghiaccio, ma soltanto la poderosa copertura degli antichi bagni termali di Lipari che, altrimenti, si bagnerebbero quando piove. Progettazione e realizzazione di questo vanto dell’architettura isolana sono merito della Sovrintendenza di Messina, ovvero di quell’ente instancabilmente dedito alla tutela dei beni materiali del nostro territorio, del suo decoro e della sua coerenza stilistica. Un altro fiore all’occhiello della capacità progettuale espressa dallo stesso Ente è la vecchia capitaneria della Penisola del Purgatorio, che le maestranze della Regia Marina avevano incautamente rimaneggiato e decorato secondo dettami stilistici in uso tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo scorso; per fortuna la Sovrintendenza ha creduto opportuno restituirla alla nostra comunità richiamandone – con un sapiente restauro – la sua vocazione di casa rurale eoliana, con tanto di “bagghiceddu”, ma di quelle povere, per le quali le finiture esterne non sono previste e, infatti, non sono mai state realizzate. Di norma, anche un’Ente autorevole come la Sovrintentenza dovrebbe chiedere i regolari titoli autorizzativi al Comune di competenza per simili iniziative; tuttavia, di fronte a tanta fedeltà storica, questo è stato evidentemente ritenuto superfluo. Succede che lo stesso Ente che vigila severo e inflessibile sul decoro delle tende avvolgibili e degli infissi, ceda improvvisamente al fascino della tecnologia, stabilendo che nelle zone di stretta tutela secondo le previsioni del Piano Territoriale Paesistico possano sorgere indisturbati pini marittimi di quasi venti metri di altezza, purché finti e, soprattutto, muniti di ripetitori per la telefonia mobile. Se qualcuno ritenesse che questo rappresenta una mortificazione del paesaggio, la cui tutela assume ulteriore importanza da quando le Eolie sono Patrimonio dell’Umanità, sappia che è caduto in un errore profondo: nulla di tutto questo trapela dal parere emesso dal funzionario di turno incaricato del rilascio delle autorizzazioni. L’invidia verso il possesso di tali indiscutibili certezze, che per intensità sfiorano il dogma, ci coglie anche quando restiamo ammirati di fronte al rivestimento marmoreo di un negozio recentemente aperto in pieno centro storico … anzi, quasi in pieno centro storico. Perché, attraversata la strada, il piglio avveniristico di questa architettura non sarebbe stato ammesso (ecco i soliti puristi!), ma pochi metri più in là, fortunatamente, Lipari o Carrara non fa differenza. Come non elogiare poi le innovative concezioni della statica, forse addirittura delle stesse leggi della fisica, alla base di progettazioni come l’ascensore del Castello, che quando sarà funzionante procurerà certamente benefici ai visitatori; è un fatto trascurabile che, intanto, abbia procurato l’inagibilità dei locali adiacenti – oggi ampiamente lesionati – perché i lavori di scavo hanno prodotto un cedimento della piazzola; o come il restauro della chiesa dell’Annunziata, dove i supporti del coro a balconata che domina all’interno l’ingresso erano fuori stile e sono stati eliminati; se la struttura – ingrata – non si reggerà da sola minacciando di crollare, pazienza, si metterà qualche putrella, certamente più coerente sotto il profilo stilistico. Ma l’ala protettrice della Sovrintendenza non si estende solo ai meri aspetti architettonici. Esiste, infatti, un ricco patrimonio archeologico, sempre affidato alle cure e alla protezione dell’Ente, che le guide turistiche si ostinano a definire erroneamente “parco”. I turisti che arrivano a Lipari lo cercano e, ignari, non lo trovano. O meglio, ne intuiscono la presenza al di là di reti e cancellate, e se ne vanno soddisfatti e rassicurati che qualcuno difenda così caparbiamente le mura della Lipara greca dal rischio di diventare il regno dei “Peppe e Concetta 4 ever”. Nessuno, tuttavia, comprende appieno l’angoscia esistenziale che attanaglia la povera Sovrintendenza. Essa è costretta anche a sovraintendere a sé stessa. Forse questo senso di potere incontenibile, smisurato, regale, è all’origine di qualche intervento la cui comprensione sfugge a noi comuni mortali, la causa della sua immensa solitudine. Povera, vecchia Sovrintendenza.

, a cura di Peppe Paino

Data notizia: 9/1/2009

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