Parco delle Eolie ? Apprendiamo dagli americani

Parco delle Eolie ? Apprendiamo dagli americani Riceviamo e dall'avv. Claudio Mandarano de "La Voce Eoliana" e pubblichiamo: Carissimo Direttore Le invio un intervista rilasciata dall'Avv. Giancarlo D'Aniello (Wilderness Italia, Relatore di La Voce Eoliana al Convegno sul Parco delle Eolie) che vorrei dedicare ai nostri politici ed a tutti coloro che, nelle nostre isole, si definiscono fervidi sostenitori del Parco Nazionale. Non a caso la Voce Eoliana ha scelto Wilderness Italia come modello di tutela per l'ambiente ispirato a criteri di democraticità, dove attività come la pesca, la caccia, la raccolta di funghi e di frutti di bosco ed altre attività tradizionali, potranno continuare a sopravvivere senza per questo cadere nelle maglie dei divieti previsti dalla Legge 394/91 e senza che venga intaccato lo stile di vita delle popolazioni locali. La finalità è quella di far sì che il futuro di queste isole sia ispirato ad una tutela ambientale democratica, molto simile a quella americana, senza che l'ambiente venga trasformato in una macchina per produrre ricchezza a favore di pochi eletti ed a discapito dell'intera popolazione. Pertanto, ribadisco ancora una volta il mio NO ALL'ISTITUZIONE DEL PARCO NAZIONALE DELLE ISOLE EOLIE. A chi ancora ritiene che le Isole Eolie senza il Parco Nazionale siano ormai finite, in quanto non faranno parte o non saranno menzionate in qualche celebre lista o rivista patinata, ricordo una risposta emblematica del “Drake”, Enzo Ferrari, alla domanda di un giornalista durante gli anni bui quando le sue vetture da corsa non vincevano titoli mondiali e si temeva addirittura che ciò potesse, in qualche modo, offuscare il mito Ferrari, egli rispose: "La Ferrari vince anche quando perde". Cordiali Saluti. (Avv. Claudio Mandarano) Intervista a Giancarlo D’Aniello AIW WILDERNESS, PER L’UOMO NELL’AMBIENTE Sono tante le forme di ambientalismo possibile, come dimostra l’Associazione Italiana per la Wilderness, portatrice di una grande storia e promotrice di una conservazione dell’ambiente nella quale c’è posto anche per cacciatori, pescatori e raccoglitori. Troppo spesso in Italia più che i colpi di doppietta esplodono le polemiche, tra chi si arroga il diritto di farsi detentore di un concetto e chi, capro espiatorio silenzioso, è costretto a difendersi da accuse infondate. È il caso, ormai divenuto una costante, della lotta tra ecologisti e cacciatori, i primi paladini dell’ambiente e i secondi additati, ancora troppo spesso e ingiustamente, come sanguinari assassini e deturpatori della natura. Fortunatamente esistono anche casi di collaborazione tra queste due compagini e anzi, a ben guardare, di genesi comune. Esiste ad esempio l’Associazione Italiana per la Wilderness (Aiw), fondata nel 1985 con lo scopo di diffondere in Italia le prime conoscenze della filosofia Wilderness e del suo “concetto di conservazione”, oltre alla ricerca di concrete forme attuative della stessa. A spiegare meglio questo pensiero, nato dal filosofo ambientalista Henry David Thoreau e da Aldo Leopold, cacciatore e conservazionista, e basato sulla volontà di conservare la natura in quanto valore in sé, inteso come patrimonio spirituale per l’uomo stesso, è Giancarlo D’Aniello, coordinatore nazionale dell’Aiw. Avvocato D’Aniello, cosa si intende esattamente con il concetto di “wilderness” e quali obiettivi si propone l’Associazione? Si tratta di un’associazione ambientalista, ma con dei distinguo doverosi, dal momento che oggi tutti si definiscono in questa maniera, salvo poi trovarsi il più delle volte di fronte ad animalisti che si professano ambientalisti. Ecco perché ci definiamo ambientalisti conservazionisti, con l’obiettivo di tutelare quanta più natura selvaggia possibile. Ovvero desideriamo che gli ultimi territori che sono rimasti incontaminati, privi di opere antropiche, così come sono pervenuti a noi, possano essere perpetuati alle generazioni future. Non dimentichiamoci, infatti, che la natura selvaggia è un patrimonio che può diminuire, ma mai aumentare. Un’area selvaggia che conosce l’intervento umano, infatti, è compromessa per sempre. Già lo Stato e le altre associazioni operano in tal senso. Quali elementi vi contraddistinguono? La Legge quadro sulle aree protette, la famigerata 394/91, non tutela specificatamente questa peculiarità. Oggi i parchi nazionali, a quasi trent’anni dalla loro istituzione, privilegiano più l’aspetto turistico e considerano in misura insufficiente quello conservazionistico dei territori sottoposti a vincolo, con i problemi che poi si riscontrano quotidianamente. Ecco perché ci troviamo a compiere battaglie serrate contro i parchi nazionali, perché questi sono diventati collettori di fondi europei o statali spesi, per assurdo, proprio a discapito della natura selvaggia. Nel momento in cui si creano piste e sentieri, o si autorizzano costruzioni, non ci si rende conto che si è a un passo dal realizzare vere e proprie strade che sconvolgono queste aree. E spesso con l’inosservanza di quanto imposto da leggi e decreti ministeriali. L’Italia in quali condizioni ambientali versa e quali sono le lacune lasciate da amministrazioni e associazioni? Oggi l’ambientalismo tradizionale ha abdicato, almeno nella sua versione originaria, e proprio per questo avvertiamo l’esigenza di scendere in campo. Le varie realtà non sembrano lottare per la salvaguardia di territori incontaminati e appaiono troppo invischiate nei gangli della burocrazia e dell’apparato statale. Sono accuse pesanti… È vero, ma è lampante come oggi si finisca per privilegiare l’aspetto legato al finanziamento o al progetto. Ed è evidente che nel momento in cui un’associazione ambientalista punta a farsi riconoscere dalla Regione o dall’Ente parco un determinato progetto da decine di migliaia di euro, o anche da centinaia di migliaia, deve necessariamente scendere a compromessi, mentre noi siamo intransigenti. Così come non siamo contrari all’uso dell’attività venatoria che consideriamo una pratica come tante dell’uomo che, in quanto tale, deve essere regolamentata, ma non certo vietata o demonizzata. Un’apertura che ci distingue dalle altre associazioni e che ha trovato anche molti consensi tra i cacciatori, tanto che vantiamo numerose presenze e sostenitori anche tra “le doppiette”. Anzi, abbiamo scoperto che alla fine molti cacciatori sono anche più ambientalisti delle persone comuni, perché chi vive pienamente la natura, come chi caccia, pesca, raccoglie i frutti del bosco, spesso ne ha più rispetto, e un maggiore interesse affinché il territorio venga salvaguardato. segue

, a cura di Peppe Paino

Data notizia: 11/14/2010

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