Dal cielo delle Eolie - 1° parte

Dal cielo delle Eolie - 1° parte

Approdare su un molo o “alla banchina” come ho sentito dire mille volte ai ragazzi al porto della mia Isola e restare rapiti dalle orecchie verdi che sbucano dai filari delle sue montagne, è l’istantanea che accende i miei ricordi quando penso che il primo passo è lì, da dove inizia il mio cammino verso la montagna. Le orecchie sono quelle delle migliaia di piante di fichidindia che colorano la terra che bacia il blu del mare.
Credo che l’amore per qualcuno o qualcosa cresca da un seme depositato da un dio contadino molto tempo prima che ci accorgiamo che è sbocciato e nelle passeggiate all’Isola sovente mi immagino l’approdo dei primi uomini, quelli che, fortunati di aver potuto restare senza fiato davanti la meraviglia che li attendeva, iniziarono a cercare un posto dove poter restare. E non andarono di certo al mare. L’istinto dell’essere umano è quello della caccia, ma anche della difesa per la sopravvivenza tanto quanto la ricerca del cibo. Potevano andare solo in montagna. E da qui guardando l’Isola non scelsero sicuramente la punta più alta ma quella che permetteva la visibilità migliore sulle due sponde del mare, l’altezza giusta per fare su e giù e una terrazza ovviamente di extra lusso dove l’extra è dato dalla sua naturalità: scelsero Capo Graziano.
Gli uomini primitivi delle isole Eolie non ebbero vita facile, ma questo li rende ancora più affascinanti perché sfidarono la terra impervia e ci riuscirono perché dalle pietre costruirono i muretti, i famosi muretti a secco, che rendono l’Isola un monumento della preistoria agricola di singolare fascino. Spaccare la pietra per farne piccole pietre da allineare fila dopo fila terrazza dopo terrazza, fino in cima. Hanno sempre suscitato emozioni in me le immagini delle folle e moltitudini di persone con le mani alzate, in uno stadio, in una luogo di preghiera, ad un concerto all’aperto, ma solo l’immaginazione può darci un accenno di quante mani abbiano spaccato tutte quelle pietre. Tradizione che è entrata nella genetica dell’Isola, dove ancora oggi chi sa costruire questi muretti è esempio di artigianato arcaico senza prezzo. E guai a non riconoscere la bellezza e particolarità dei muretti a secco di Filicudi.
L’agricoltura era molto più sicura del mare. La terra c’è sempre, è lì. I cereali davano il pane. Le patate, gli agli-porro, gli asparagi, i “rapuddi”, la camomilla, il finocchietto selvatico, il lentisco, l’euphorbia arborea, i funghi, la ferula, i fichidindia le cui pale erano anche cibo per gli animali, e poi lei, la vite. Presto quegli uomini primitivi capirono di essere arrivati in paradiso e che il paradiso merita un lavoro duro per goderne. Non ci pensavano neanche che potesse esistere il denaro che ha ridotto il tempo ad uno scorrere lento verso il non voler fare. Tutti lo vogliono ma chi è che lavora? I “contadini” lavorano. E lavorano la terra.

 

di Giusi Emanuela Murabito



Data notizia: 10/6/2015

Tags

Eolie - montagna - storia -



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